1. In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengono clausole generali quali presupposto per l'instaurazione di un rapporto di lavoro, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento del presupposto e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecnico-organizzative del datore di lavoro o del committente. In tali casi il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro, salvo il caso di difformità tra il programma negoziale certificato e le concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro.
2. Le disposizioni del comma 1 del presente articolo si applicano anche alle clausole generali previste in materia di recesso dal contratto di lavoro nonché ai trasferimenti effettuati ai sensi degli articoli 2103 e 2112 del codice civile.
3. Nel valutare le motivazioni a base del licenziamento, il giudice fa riferimento alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale ovvero in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui agli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo 10 ottobre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento, il giudice tiene
1. In sede di condanna alla rifusione delle spese di lite e di liquidazione delle stesse ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile, qualora il ricorso promosso da terzi in materia di qualificazione di un contratto certificato ai sensi degli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, non venga accolto, il giudice deve porre a carico del ricorrente le spese di lite. Il giudice può altresì condannare il ricorrente ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile.
2. L'amministrazione soccombente può agire, sussistendone i requisiti, nei confronti
1. All'articolo 806 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero se il compromesso è stato certificato da una commissione di certificazione dei contratti di lavoro di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Le commissioni di certificazione devono accertare che il compromesso contenga, anche mediante rinvio a regolamenti già vigenti dei collegi arbitrali, i criteri per la liquidazione dei compensi spettanti agli arbitri e il termine entro il quale il lodo deve essere emanato»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I contratti collettivi nazionali di lavoro possono prevedere clausole compromissorie che comportino la devoluzione della controversia al collegio arbitrale anche sulla base di forme di adesione tacita dei soggetti interessati alla procedura arbitrale».
1. All'articolo 82 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché i compromessi di cui all'articolo 807 del codice di procedura civile»;
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«1-bis. Presso le sedi di certificazione di cui al comma 1 possono essere altresì istituite camere arbitrali per la definizione mediante determinazione contrattuale, ai sensi dell'articolo 808-ter del codice di procedura civile, delle controversie nelle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo i regolamenti precostituiti formulati dalle stesse commissioni ai sensi dell'articolo 832 del codice di procedura civile. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 412 del codice di procedura civile.
1-ter. Presso le sedi di certificazione può altresì essere esperito il tentativo di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 410 e seguenti del codice di procedura civile».
1. L'articolo 410 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 410. - (Tentativo di conciliazione). - Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo 409 del presente codice e dall'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, il tentativo di conciliazione.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
Le commissioni di conciliazione sono istituite presso le direzioni provinciali del lavoro. La commissione è composta dal direttore dell'ufficio stesso o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro
1) del nome, del cognome e della residenza dell'istante e del convenuto; se l'istante o il convenuto sono una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, l'istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonché la sede;
2) del luogo ove è sorto il rapporto o è ubicata l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;
3) del luogo presso il quale devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura;
4) dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.
Entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, la controparte deposita presso la commissione di conciliazione una memoria con l'indicazione delle ragioni di resistenza. Entro i dieci giorni
2. Il secondo comma dell'articolo 410-bis del codice di procedura civile è abrogato.
3. L'articolo 412-bis del codice di procedura civile è abrogato.
1. L'articolo 411 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 411. - (Processo verbale di conciliazione). - Se la conciliazione esperita ai sensi dell'articolo 410 riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione prevista dal medesimo articolo. Il verbale costituisce titolo esecutivo a seguito di provvedimento del giudice su istanza della parte interessata.
Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
Al ricorso depositato ai sensi dell'articolo 415 devono essere allegati, a pena di inammissibilità, i verbali e le memorie
1. L'articolo 412 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 412. - (Risoluzione arbitrale della controversia). - In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti, congiuntamente, possono accordarsi per la risoluzione contrattuale della lite, affidando alla commissione di conciliazione prevista dall'articolo 410 il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.
Nel conferire mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:
1) il termine per l'emanazione del lodo, decorso inutilmente il quale l'incarico deve intendersi revocato;
2) le norme che la commissione deve applicare al merito della controversia, ivi compresa la decisione secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento.
Il lodo emanato a conclusione dell'arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce fra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile, e ha efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell'articolo 474 del presente codice a seguito di provvedimento del giudice su istanza della parte interessata, anche nonostante l'impugnazione.
Il lodo è impugnabile, in unico grado, entro trenta giorni avanti il giudice competente secondo le disposizioni del libro I soltanto per i vizi che possano avere vulnerato la manifestazione di volontà negoziale, delle parti o degli arbitri».
1. L'articolo 412-ter del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 412-ter. - (Altre modalità di conciliazione previste dalla contrattazione collettiva). - La conciliazione, nelle materie di cui all'articolo 409 del presente codice e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può essere svolta presso le sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Gli accordi di conciliazione raggiunti nelle sedi previste dal primo comma, sottoscritti dalle parti interessate e dal conciliatore, acquistano efficacia di titolo esecutivo a seguito di provvedimento del giudice del tribunale competente su istanza della parte interessata. Si applica il quinto comma dell'articolo 411.
Il tentativo di conciliazione effettuato ai sensi del primo comma, ove non si pervenga ad una conciliazione, tiene luogo del tentativo di cui all'articolo 410 e determina la procedibilità dell'azione giudiziaria a condizione che:
1) sia stato esperito da un conciliatore su richiesta congiunta delle parti;
2) sia stato effettuato sulla base di memorie scritte dell'attore e del convenuto
Il verbale del tentativo di conciliazione deve essere redatto e sottoscritto dal conciliatore, dalle parti e, ove presenti, dai loro difensori. In tale verbale il conciliatore espone gli estremi del tentativo, le eventuali proposte indirizzate alle parti per pervenire ad un accordo e quant'altro ritenga utile portare a conoscenza del giudice per il procedimento. Ad esso devono essere allegate le memorie di cui al terzo comma, numero 2).
Il verbale di mancata conciliazione è depositato presso la cancelleria del giudice competente unitamente al ricorso di cui all'articolo 414. Il giudice, ove accerti che sono state rispettate le condizioni di cui al terzo comma e che la domanda corrisponde all'oggetto per il quale è stato esperito il tentativo di conciliazione, procede direttamente a fissare l'udienza di discussione.
Il verbale di conciliazione è acquisito agli atti del procedimento e produce tutti gli ulteriori effetti del tentativo di conciliazione esperito ai sensi dell'articolo 410».
2. L'articolo 412-quater del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 412-quater. - (Collegio di conciliazione e di arbitrato). - Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l'autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dai contratti collettivi ovvero di avvalersi delle camere arbitrali previste dall'articolo 82, comma 1-bis, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, le controversie di cui all'articolo 409 del presente codice e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e di arbitrato irrituale costituito ai sensi del presente articolo. È nulla ogni clausola del contratto individuale di lavoro o comunque pattuita che obblighi una parte o entrambe a proporre
1. Dopo l'articolo 443 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
«Art. 443-bis. - (Accertamenti sanitari connessi a controversie di previdenza e assistenza obbligatorie). - Nei casi in cui l'assicurato o l'assistito abbia presentato ricorso contro un provvedimento relativo a prestazioni previdenziali o assistenziali, che comportino l'accertamento dello stato di condizioni psicofisiche, l'amministrazione competente, ove non ritenga di accogliere il ricorso, sottopone l'accertamento a un collegio medico, composto da un sanitario designato dall'amministrazione competente, da un sanitario nominato dal ricorrente o dall'istituto di patronato che lo assiste, e da un terzo sanitario nominato dal responsabile del
1. Il primo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
«Il licenziamento da parte del datore di lavoro o il recesso del committente deve essere impugnato a pena di decadenza entro centoventi giorni dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi, ove non contestuale, con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro».
2. Il termine di decadenza previsto dall'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applica anche ai casi di nullità del licenziamento o del recesso, nonché di licenziamento inefficace di cui all'articolo 2 della citata legge n. 604 del 1966, e successive modificazioni.
3. Il termine di decadenza previsto dall'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applica inoltre:
a) in generale, ai licenziamenti, anche qualora presuppongano la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;
b) al recesso del committente nei rapporti di cui all'articolo 409, primo comma, numero 3), del codice di procedura civile e nelle collaborazioni a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, con riferimento ai casi in cui il recesso avviene secondo causali o modalità diverse da quelle previste dall'articolo 67 del medesimo decreto legislativo n. 276 del 2003;
c) al trasferimento ai sensi degli articoli 2103 e 2112 del codice civile.
4. Le dimissioni del lavoratore sono rassegnate, a pena di nullità, per atto scritto.